lunedì 18 agosto 2008

Ha gli occhi del colore del mare del mio amico Glauco. Il suo iride ride, ha migliaia di piccole labbra che si schiudono in un'espressione di gioia, voglia il cielo che ora muoia e per sempre ricorderò la cosa più bella che abbia mai visto, se la felicità esiste è in una bocca che si apre piano per sorridere. E' negli occhi di chi mi vedrà morire e io ancora non so nemmeno perché. E allora che sia adesso, perché non ce-
Il telefono. Squilla il telefono di casa. Claudia torna sotto il gazebo e io alzo il ricevitore.
"Pronto?"
"Claudio? Sono Adele, tutto a posto? Scusami, ti sembrerà folle ma mi sono addormentata al lavoro, per un nanosecondo, figurati, e mi sono svegliata con il bisogno di sentirti. Come va, Cla'?"
"'Dice, come va? E come vuoi che vada, va...', Adele, è un piacere sentirti, sarà un mese che non ci si vede, tu tuttapposto? Ma fammi capire, cos'è 'sta storia che mi dovevi chiamare, dai, voglio dire, insomma, è per la storia dell'ospedale, ve'?"
"No, davvero, mi sono proprio abbioccata davanti al computer come una pera cotta. Sai, questi giorni l'insonnia si è ripresentata prepotentemente per cui passo le notti a fare la fettina panata e la sveglia suona mezz'ora dopo che mi sono addormentata, per cui ogni tanto svengo. Sembro narcolettica, ti giuro. Per fortuna qui in ufficio finora non mi ha mai beccato nessuno!"
"E che ne sai? Magari ti hanno vista e non ti hanno detto niente perché chissà cosa avranno pensato. Si saranno detti, che vita farà 'sta povera ragazza, mannaggia, ma lasciamola riposare..."
"Stai facendo sul serio? Voglio dire, non ti capisco mica."
"E ti preoccupi? Io pure non ci sto capendo un cazzo ma me la faccio prendere bene, la vita è bella, si campa una volta sola, dopo l'inverno c'è la primavera e certo non rompo i coglioni al prossimo se non dormo. Ti ho mai rotto le palle perché la notte non chiudo occhio? E sfrutta il tempo costruttivamente, no, invece di inventarti una scusa stronza come questa per telefonarmi! Che c'è, Ade', che vuoi?"
"A Cla', mavvaffanculo, va! E io che mi sono pure fatta mille problemi prima di chiamarti... ma non è che è successo qualcosa e non me l'hai detto? Monica sta là con te...?"
"Adele, è stato un piacere."
Attacco e comincio a piangere. E piango senza un suono, solo lacrime solcano il mio viso, le mie guance, il mento, scavano canali che d'estate accoglieranno il mio sudore, neve sciolta che scenderà dai ghiacciai del massiccio del mio coriaceo cervello, enorme, inutile e cattivo come una multinazionale, MacDonald dei pensieri corrotti, fast food dell'odio per le persone che amiamo, ricettacolo d'ogni anemotività negata e di tutti i tormenti e le tormente mentali che c'hanno sopraffatto e ricoperti di merda e mosche, moschee i nostri esseri dell'essere troppo lontani da quell'interiore mecca che ripudiamo perché pieni di livore e incompresione che si fa violenza, crudeltà ignorante come il sesso del pappone, come l'ultimo giorno del serial killer o la lama rovinata di un vecchio coltello nelle mani di un suicida. 
Non so se stavolta mi perdonerai, ma sappi che anche a te devo l'essere ancora vivo. Anche se così ora vivo. Non ho mai avuto il coraggio di dirtelo ma la tua presenza mi ha fatto evitare di fare cazzate grosse, molto grosse e mi sei stata accanto con grande tranquillità, senza mai capire il rischio che correvi, perché non pensavi che "è nella mia natura, non posso farci niente".
Mi chiudo in bagno, mi lavo la faccia e mi guardo allo specchio. Ho gli occhi rossi e delle occhiaie orrendamente nere. Ripenso al mio comportamento e non me lo spiego, non mi capacito davvero del motivo per cui l'ho fatto, è come se il mio doppelganger avesse preso il sopravvento, ma qui dentro siamo una cifra, chi cazzo sarà stato?
Il mio riflesso non risponde, continua a fissarmi e io faccio lo stesso. Penso ad Adele. Penso a Claudia. Penso a Monica. Mamma mia... meglio pensare a Claudia.
Tiro l'acqua ed esco, cerco di non barcollare, la Tequila sul mobiletto dei distillati cattura il mio sguardo, mi sembra che qualcosa ci si muova dentro ma non riesco ad avvicinarmi perché squilla di nuovo il telefono. Non rispondo. Lo fisso fino a che non smette. Dopodiché esco, scivolando sui gradini dell'ingresso. Le mie due ospiti si sbellicano dalle risate, a me fa male l'osso sacro ma a vedere anche Norma ridere come una pazza, mi unisco a loro fino a farmi dolere la pancia. Claudia mi alza da terra e mi sorregge, continuando a sghignazzare. Il calore del suo corpo mi turba. O forse è il suo seno contro il mio braccio. Ammazza che sise. Non c'avevo fatto caso.
Asciugandosi le lacrime, Eleonora indica il cancello alle nostre spalle.
"Claudio, abbiamo visite."

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