lunedì 23 giugno 2008

Il rasoio mi apre la gola da un orecchio all'altro. Il sangue che sgorga dalla ferita inonda me e la sedia e si allarga sul pavimento, mi guardo allo specchio e l'unica cosa a cui riesco a pensare è Sissi Spacek su Carrie, Lo Sguardo Di Satana.
"O di Saragat, come dicevano i miei amici socialdemocratici, ah aha aha ah ah!"
Tento di dire  a dio Sai Baba che la sua ilarità comincia a darmi un pò al cazzo ma l'unica cosa che mi esce dalla gola sono bolle e schizzi di sangue.
"Calmo, calmo, lo so che quando mi gira bene non mi si sopporta. Un momento e capirai cosa sta accadendo."
I miei amici sorridono. I pezzi di merda sapevano tutto. Sono in combutta con questo capellone invasato, maledetti, mi avranno anche drogato, non riesco a muovere un muscolo altro che ti voglio perfettamente immobile!
"Sono dio, carissimo, e se ti voglio "perfettamente immobile" tu te ne stai buono buono e non rompi i coglioni finché non ho finito il mio lavoro! Cla', madre santa, è da quando sei piccino che hai 'sta spocchia del cavolo, sei un presuntuoso per diritto di nascita. Ci sarà un motivo se t'ho squarciato il collo, no? D'altronde le mie vie sono imperscrutabili, ecco, bwwah aha ah ah!"
Ho paura. Mi si avvicina, discosta i lembi di carne sopra la carotide recisa e mi infila pollice e indice in gola. Dalle mie corde vocali tira fuori uno scorpione nero che comincia a parlare con tono monotono in una lingua sconosciuta.
"Che razza di illuso. Di tutte le persone in cui ti potevi nascondere hai scelto lui. Voglio dire, al mondo ci sono miliardi di anime, a milioni migliori e peggiori della sua e tu vai a scegliere uno dei più banali esempi di essere umano? Mi deludi, Zebediel, mi deludi..."
L'animale, o quel che è, prorompe in un empio pernacchione gutturale, più oltraggioso di un rutto in una camera mortuaria o di una bestemmia in chiesa.
Dio Sai Babbà porge l'artropode a Monica che, dopo averlo preso come si prendono i granchi, lo infila tra le chiappe del divino tricodotato che nel frattempo le aveva porto le terga.
"Ti aspettano tre eoni al caldo nel più bollente dei buchi di culo dell'universo, caro il mio stronzetto, voglio proprio vedere come ne uscirai fuori."
Posso muovermi di nuovo. Le mie mani corrono alla ferita ma non la trovano, lo specchio riflette un Claudio nuovamente integro ma con uno sguardo a dir poco sconcertato. Mi volto e cerco gli occhi di Monica ma sono chiusi, mi alzo per raggiungerla e in quel momento il suo dono prende il sopravvento.
Mi affaccio per vedere se i cardi dei carciofi spigati sono fioriti. Non ancora, e mi chiedo se non sto sbagliando completamente il loro tempo di fioritura. Che testa. In cielo, un biplano rosso, forse un Sopwith Camel, sfreccia  portandosi in coda un banner con su scritto Escusatio Non Petita Accusatio Manifesta. Non faccio in tempo a chiedermi con chi ce l'avranno che Pinolo spalanca la porta e guardando prima me poi Norma, mi grida contro:
"Ma ancora non l'hai vestita? Ti vuoi sbrigare, faremo tardissimo! Claudio, non ti si può chiedere di fare nulla il tuo giorno libero, ogni volta una storia! Va là, scansati, ci penso io..."
"A Pi', non è che non voglio farlo, ma questa cosa mi turba non poco, sinceramente."
"Vedi di smetterla subito, cavolaccio. Oggi è lunedì, è anche il suo day off per cui non farmi girare la giribiricoccola e andiamo!"
In un lampo veste Norma da Dog Scout, con tanto di cappellino e ascot  con l'immagine stampata di nonno Look Me In The Eye Of Aricon. Che strano vederla camminare su due zampe, tenendo per mano Pinolo.
"Monica ci aspetta in macchina, su."
Monica?
"Ma come, non andiamo solo noi tre?"
"Claudino mio bello, tesoro della casa, sei proprio un super super super egoistaccio! Anche lei vuole parlare con il Signore, ha delle domande da fargli e di questi tempi di tempo ne ha ben poco da offrire alle nostre richieste, per cui non vedo perché non dovrebbe venire."
"Beh, almeno mi potevi avvisare... bah, con te è inutile parlare, c'hai 'na capoccia più tosta d'un sanpietrino."
"Il fatto che il mio guscio sia così duro non ti dà il diritto di prendermi in giro. Comunque, forza, andiamo ragazzacci, è il nostro momento!"
Mi chiedo come ho fatto a non accorgermi di quanto sia cambiato da quando ha mangiato il cuore di Giac. Forse il senso di colpa, il vuoto, la mancanza...
Monica ci aspetta in una maggiolino cabrio nera, molto cool.
"Ma sei splendida! Hai cambiato colore ai capelli?"
"Sali Pino', è tardissimo."
"E' colpa del tuo uomo, non aveva nemmeno vestito la piccola!"
"Ma come l'hai combinata? Senti, capisco che è un incontro importante, ma qualcosa di più informale, no...?"
"Allora lui che le aveva preparato il vestito da postina? Perché ce l'hai con me, io che per te mi butterei in un frullatore pieno di pesto alla genovese! Sei ingiusta, signorina."
"Sheeesh... ok. Però ora andiamo, e tu sali, Cla'."
Il viaggio dura una mezz'ora, ci spostiamo in una città che ha più monumenti che palazzi, una concentrazione d'arte che non s'è mai vista. Giriamo per una viuzza accanto all'Ara Coeli dopo aver attraversato il Campo dei Miracoli, alla fine della quale ci troviamo in una piazzetta chiusa che sembra Corte Sconta detta Arcana.
"Il locale è quello."
Il più classico dei saloni di barberia. Con tanto di lampada bianca e rossa che gira quando è accesa.
"Sembra il negozio di Fa e Szifù, i due vampiri."
"Guarda, è dentro, ci sta salutando."
Oggi è lunedì, dio non lavora quindi accoglie un certo numero di persone con le quali si intrattiene in discussioni o elargisce perle di saggezza a chi lo interroga sui massimi sistemi.
"Norma, mi raccomando, togliti il cappello e quando siamo dentro non ti leccare la patata, va bene?"
"Ok, capo."
Stavolta si presenta a immagine e somiglianza di Sai Baba, con gli stessi incredibili capelloni afro e il vestitone stile tenda da circo Togni, ma non arancione, bensì patchwork. Una specie di Hollie Hobby versione fricchettone.
"Chi si rivede! E' un piacere, Claudio, e noto con piacere che hai portato anche la tua compagna. Monica, sei splendida, hai cambiato colore ai capelli?"
"Hmm, deja vu... ok, mi dica, come devo chiamarla, Signore? Dio? Sai?"
"No, non so! Ah ah ah ah, te l'avrà detto il tuo ganzo che sono un burlone!"
"..."
"Pinolo, Pinolo caro! Anche tu hai portato la tua fidanzatina?"
"Ma, ma, è Norma, o mio Signore, non la riconosce?"
"Ah ah ah ah ah! Aaaah ah ah, scusa ma oggi mi gira troppo bene! E' il nostro giorno libero, Claudio, una pacchia, vero? Dai, mettiti sulla poltrona che ti faccio la barba."
"Davvero?"
"Certo. E nel frattempo, sento cos'hanno da chiedermi i nostri amici."
Entriamo nel salone che in realtà è il negozio del sor Antonio dove mi portava mio padre da piccolo a farmi scotennare. Quando uscivo mi spettinavo e mi tiravo i capelli fino a farmi male, i suoi tagli mi hanno sempre fatto cagare.
"Ma io non sono lui, mio caro. Tra l'altro l'ho spedito all'inferno a fare le pedicure a Belzebù, sai quanto si divertirà a tagliargli gli zoccoli col frullino."
"E perché?"
"Perché era un sodomita e in più di un'occasione ha fatto pure qualche pippetta (le signore presenti mi perdonino la brutta parola) ai bambini dell'oratorio di don Antonio, detto don Caballero, altro personaggino di tutto rispetto. Sor Antonio, don Antonio, omonimie, sinonimie, che emicranìe, bawaah waha wah ah ah ah! Lui invece gli dava proprio di sesso orale coi ragazzini. E lo so, lo so, questi dovrebbero rappresentare me sulla terra. Ma che ci posso fare? Quando si presentano davanti ai miei prelati, tutti infervorati e presi dal fuoco sacro della vocazione, quei coglioni -ops, scusa Monica e scusa Norma, sono desolato ma mi fanno troppo arrabbiare. Dicevo, quegli stupidi ci cascano e gli aprono le porte (e non solo) del seminario.
Tra l'altro, sempre in quella parrocchia c'era pure padre Cantonetti che aveva figliato con una povera donna che dovette per questo cambiare quartiere per non rovinargli la carriera ecclesiastica. Ah, gli esseri umani... i cani son tutta un'altra cosa!"
Norma arrossisce.
"A te come va, brutta bulla?"
"Tutto bene, grazie. L'epulide si era di nuovo ingrossato ed è stato tolto senza problemi e ti ricordi quella ciste che avevo qua davanti? Beh, vedi la cicatrice, l'ho dovuta fare asportare per sicurezza. Ma non era niente di preoccupante. Senti, volevo ringraziarti tanto per aver impedito al tumore che avevo di non diffondersi. Sei stato un angelo."
"Oh, mi sminuisci, tesora, bwaah ah ah ah! Scherzo, scherzo, non mi è costato nulla, giuro. Dai Claudio, siediti."
La poltrona è comodissima, guardo Monica riflessa allo specchio che sistema l'ascot della nostra cana e le dà un bacio sulla guancia. Le rimane l'impronta delle labbra, una sorta di cuore rosso. Proprio sulla cicatrice di un morso. A guardarlo bene sembra un cuore sacro.
"Sopporta il calore degli asciugamani, ti aprirà ben bene i pori."
Detto questo prepara il rasoio Napoletano. Gli rifà il filo sulla cote di cuoio, avanti e indietro, avanti e indietro, finché il filo non scintilla come una lama in un anime. Mi ha sempre fatto un pò paura, devo ammetterlo. Dio mi toglie gli asciugamani e mi massaggia la faccia.
"Ooookay, ora ti voglio perfettamente immobile."

sabato 14 giugno 2008

Dopo i pasti consumati in ospedale, la cucina di Monica assume tonalità e sfumature ai limiti dell'esoterico, più dolce di una camminata all'alba in riva al Nilo, tra gli Ibis che dormono su una sola zampa. Con Osiride che fa capoccella e anche le ombre hanno un alone rosso. Rubedo. Poi mi chiedo se davvero gli Ibis dormono come le Gru oppure ho detto una cazzata. Sai quanto me ne frega, sto troppo bene e dopo il tiramisù e il caffé riprendo la pasta. Ma niente grappa. Tutta la cena è permeata dell'angoscia del "mi chiederà da bere?" e "mi chiederà se voglio qualcosa da bere?". Lei cerca di allentare la tensione con un sorriso e un cenno della testa verso il mobiletto dei distillati. Scuoto la testa e dentro mi scoppia il frastuono primigenio. Al mio interno ci sono mille Claudini e in quel momento tutti hanno urlato la propria, dalla gioia al fallimento, dalle invettive al rammarico, dall'ago al carrarmato. Io, triste secondino del mio manicomio criminale, mi limito a credere di avercela fatta e mi auguro di non pensare nemmeno per una frazione di secondo che un goccetto non mi avrebbe fatto male. Fa male farne a meno. Meno male. Mi scoppia la testa, smetteranno di urlare...?
"Come ti senti?"
"Bene, diciamo, ma come se ancora non fossi tornato a casa. Non è facile da spiegare. Un pò è come se stessi negandomi questa gioia, ho un gran senso di colpa, poi c'è una forte componente di vergogna, di rabbia, un senso di vuoto... me lo dai un pò di tempo per raccogliere i pezzi?"
"Non mi pare di essere scappata, ti pare? Prendi il tempo che ti occorre ma ti prego, fai attenzione, mister Puzzle, non ho intenzione di essere l'infermiera del tuo suicidio assistito. Un'altra cazzata, Cla', e me ne vado. Io lo faccio, mi conosci."
"Va bene. Sì, va bene, va bene. Posso accendere la tv?"
"Se vuoi."
Ora tutti i Claudini tacciono. Alcuni si abbracciano tra di loro, qualcuno fa a botte, un paio si guardano i piedi e ce n'è uno che scorreggia. Che cos'ho dentro, altro che una legione, questa è marmaglia. Mi sembra ne manchi uno, e anche i me stessi se ne sono accorti, cominciano a chiamarlo a gran voce. Ma non risponde. Lo vanno a cercare i più infami, quegli animali che si stavano massacrando di botte. Cazzo, sai che gli fanno quando lo trovano! Ma non possono accanirsi su di lui perché si è impiccato. Il più debole dei piccoli me stesso si è suicidato. Le bestie lo tirano giù, lo distendono e lo guardano, da non crederci, hanno le lacrime agli occhi. E mentre vegliano su di lui, arriva un altro Claudino con gli occhi carichi di odio e comincia a prenderlo a calci e legnate, ci si avventa contro e comincia a prenderlo a morsi, gli cava gli occhi con le mani e sputa i pezzi di carne che gli strappa dalla faccia. Per qualche secondo i miei violenti omologhi lo fissano senza sapere cosa fare, e poi con una furia incontrollata si abbattono sull'ossesso e sul mio cadavere, picchiando alla cieca, mutilandosi crudelmente e sanguinando l'uno sull'altro.
"Cla'?"
"Eh?"
"Ti sei imbambolato. Hai preso il telecomando e invece di accendere la televisione hai cominciato a fissare lo schermo spento. Tutto bene?"
"Sì... sì, mi sono solo perso in luuugubri pensieri. Va tutto bene, sono di nuovo a casa e finalmente fuori dalla mia testa."
"Cioé?"
"Niente, Mo', tutto a posto. davvero, tutto a posto."
Tutto a posto un cazzo. Meglio accendere e tagliare corto.
"L'autunno muoveva i primi pazzi. Le piogge di rane non vessavano più la cittadinanza e le auto avevano ripreso a camminare senza catene. Le fogne non traboccavano più di poltiglia verde e in Spagna non gracidava più niente, anche se la campagna era ancora bagnata."
"Ma che canale hai messo? 'Sta roba è delirante!"
Monica sta lavando i piatti con le spalle alla tele, per cui non vede ciò che anch'io stento a credere. Si direbbe una specie di docudementario su degli inspiegabili fatti successi in una città di picchiatelli persa nel buco di culo del nostro pianeta. In realtà niente di più trito e banale della solita pioggia di rane, ma il taglio delle riprese e il commentatore sono così strani che non riesco a cambiare.
"Il primo a spostarsi fu Anchise, senza il suo buon figliolo che aveva ucciso ben trent'anni prima. Amico di Alvise, sua era la lama che recise i garretti al cavallo del macellaio che si occupò della prima raccolta degli anfibi. In questo clima così teso, soltanto un pazzo della sua levatura poteva affermare di sentire le voci dei verdi animaletti implorare di non essere schiacciati dalle ruote dei nostri mezzi."
"Ma vuoi togliere 'sta merda! Claudio, sei sicuro di stare bene? Ti prego, se c'è qualcosa che non mi hai detto, questo è il momento di parlare. Mi stai facendo preoccupare, non mi sembri tu, ti prego, dimmi la verità."
"Sono stanco, tutto qua. E rincoglionito, forse l'eccesso di bello dopo l'ospedale è più di quanto possa sopportare. Vado a dormire, Mo', domani sarò più tranquillo e andrà meglio. Mi butto a letto adesso, nel nostro adorato letto che tanto m'è mancato. Dai, va tutto bene, giuro, non ti sto nascondendo niente."
Brrrrrr, bugiardo.
"Okay, ti credo. Hai ragione, vai a nanna, la cuccia ti aspetta. E a proposito di cuccia, non ti preoccupare, Norma la faccio uscire io. Quando torno ti dò il bacio della buonanotte."
"A dopo."
Per fortuna mi addormento appena metto la testa sul cuscino. Ma sulla via del ritorno, Maggi Mario avverte Monica che un manigoldo le sta tendendo un agguato alla curva del vicolo sotto la quercia nana. 
"Maledetto! Cosa possiamo fare, Norma?!?"
"Ci penso io! Quel buiaccaro pensa di essere il padrone di tutto il cucuzzaro ma deve fare i conti con me!"
E detto questo comincia a correre come una forsennata contro l'odioso Re Del Quartiere.
Ma appena svoltato il vicolo all'altezza della quercia nana, da uno dei rami il fottutissimo Re lancia un rete sulla povera cana che in preda al panico si fa prendere una crisi epilettica e finalmente mi sveglio.
Monica sorride, mi stava osservando già da un pò. Mi bacia sulle labbra e spegne la luce. Chiude la porta ma sento che in cucina, con un filo di voce, Norma la ringrazia di aver scatenato il mago Otillaf contro l'orrido monarca.