lunedì 5 maggio 2008

Mi dicono che posso uscire, ma prima devo parlare con lo psicologo. Evviva, non potevo sperare niente di meglio. Dopo aver detto una vagonata di bugie al dottore che oltre a darmi la bella notizia si spertica sulle mie potenzialità e sulla stupidità di buttare alle ortiche i doni che ci ha fatto nostro signore (sic), mento con lastrizzacervelli e posso essere dimesso. Prendo il coraggio a due mani e telefono a Monica che in questi giorni non si è più fatta vedere. 
"Mo'? Ciao, tutto bene...?"
"Sì, certo. Come stai?"
"Pare che ce l'ho fatta, mi dimettono. Verresti a prendermi?"
"Certo, quando?"
"Da adesso in poi ogni momento è buono."
"Ok, arrivo."
"Grazie, a più tardi. Porti Norma?"
"A Cla', quando sarai a casa la vedrai, qual è il problema?"
"Nessun problema, certo, la vedo a casa. Ok, ciao."
Troppo calma. Troppo calma, dio caro, a casa già prevedo il cataclisma. Chiacchiere e chiacchiere sull'alcool e sull'abuso, sulla mia incapacità di mollare il vizio, di sbattermene di chi mi sta vicino e mi ama, la rabbia di vedermi buttare via, sprecare la mia vita senza creare un accidenti, senza sperare, senza avere sogni e pensare a realizzarli, non fare progetti di coppia, non aspirare a star meglio ma darsi stupidamente all'autodistruzione fine a sé stessa, all'oblio, al delirio, negare la paura del reale con litri e litri di veleno. Diglielo te tutto quello che tira fuori di notte! Anche se so benissimo anch'io che si tratta di una scusa. Basterebbe dire la verità, per quanto possa essere devastante o addirittura incredibile, o meglio, provare in qualche modo, registrandola magari, a farle capire che non dico cazzate, che è la verità. Ma poi non avrei scuse per pistarmi come l'uva... mamma mia, cosa devo fare, cosa devo fare?
Monica, mi hai salvato dal baratro, dal dolore della perdita e dalla solitudine, hai fatto sì che non mi perdessi in droghe e troie, per poi darmi un peso sul groppo che a stento riesco a sopportare. Ho il tuo giogo al collo e ti amo e ti chiamo Vita Nova, ti ringrazio di darmi la possibilità di cambiare certe tragedie o quantomeno di avvertire le persone che subiranno una terribile sorte e cercare di alleviare la loro sofferenza, ma a quale prezzo? O forse sto solo dicendo una marea di bugie e in realtà sono fiero e tronfio di perdermi in questo Stige a 40 gradi senza dovere spiegazioni a nessuno e tantomeno a me. Ma a chi la meni, scemo, a chi?
Dalla finestra vedo un cane sciolto che caga in un'aiuola davanti il Pronto Soccorso. Poco dopo, uno di quei canucci piccolini e squittenti, legato a un collare telescopico, stile giocattolino filoguidato, si avvicina e la lecca per un pò, fino a che la padrona lo tira via indispettita e disgustata. 
Che splendida metafora di vita. Cristo, oggi pure come stercoraro mi sento un fallito.

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