giovedì 17 aprile 2008

Nemmeno la tortura mi aiuta. Cazzo, quanto mi sento male. Luci spente ormai da un pezzo, lamenti inframezzati da silenzi carichi di paura, incubi di morte, respiri stentati e qualche singhiozzo. Stavolta non piango. Ma non riesco a dormire. Niente ipod, niente libri, niente cellulare... quei froci dei miei amici se ne sono dimenticati. So i numeri importanti a memoria ma non chiamerò nessuno. Ad occhi chiusi cerco di ricordare un momento felice, non per volare ma per sperare. Sono un etilista di merda. Rischio la vita abusando e viziando il mio vizio, non posso farne a meno. Nutro il mio tumore come il più bello dei figli e non riesco a cogliere la follia di tutto questo. Chiudo gli occhi e ho la faccia tosta di chiedere aiuto, perché il mio cuore non ce la fa e Miriam mi ha insegnato a fare sempre ciò che sento, perché certi segni non possono essere ignorati.
E vengo ascoltato, non ci si crede. Affatto incredibilmente, da un infermiere.
"Tutto bene...?"
"Sì, grazie. Ha preso servizio adesso?"
"E già, da una mezz'ora. Maaa... sai, mi sembri un volto conosciuto..."
"E' improbabile, non lavoro in televisione. No, mi scusi, voglio dire, non credo che ci siamo mai visti prima."
"Ne sei sicuro? Non può essere che qualche anno fa, o meglio, un bel pò di anni fa, tuo padre sia stato operato qui per qualcosa tipo un problema alla prostata, o alla vescica? O un polipo o una ciste all'uretra..."
"Beh, sì, effettivamente venne ricoverato qui per un intervento alla prostata. E tutto ebbe inizio da lì, il tumore che se l'è portato via è nato e cresciuto proprio là. L'operazione avrà avuto anche esito positivo ma il male non venne estirpato completamente. Nel corso degli anni, anzi, si è subdolamente diffuso senza dare nell'occhio e alla fine ha reclamato il dazio. Anche se sarebbe dovuto essere Silvano a chiedere qualcosa. Ma questo discorso non ha senso... lei si ricorda di me e papà?"
"E lo credo, non capita troppo spesso che una persona che sta facendo la notte a un degente legga "La Sintesi Dello Yoga". Ancora ricordo di aver letto a voce alta l'introduzione, '...riconoscere Dio, il Brahman, la proiezione del Brahman in ogni momento, zona o parte dell'universo, e quindi tutto l'universo ed ogni suo elemento e momento come Divino - sonno velato ai nostri sguardi da più o meno caligine - sentire dunque la divina musica di questa presenza e identità di ogni creatura e parte dell'universo, spingendo alle ultime conseguenze logiche il pensiero teologico orientale e occidentale, questa fu sempre la esaltante parola dell'Induismo nella sua forma yogica e vedantica che nulla respinge ma ama tutte le forme di vita, fede e pensiero della natura e dell'uomo come momenti più o meno velati dell'Uno.' Tuo padre era una persona particolare, riusciva a fare battute anche nei momenti pesanti, l'ho sentito scherzare mentre gli controllavano il pisello il giorno dopo l'operazione e la volta in cui gli hanno infilato le dita in culo per assicurarsi delle condizioni della prostata. Lo stupì il fatto che avessi interesse per ciò che interessava a te ma gli era piaciuto da morire il mio modo di interpretare quelle parole, quasi lo avevo intrigato."
Non riesco a elaborare tutte queste cose insieme. Papà, l'operazione, le mie inutili letture, i ricordi, la mancanza, il ritrovarmi faccia a faccia con qualcuno che oltre a noi due ricordi a memoria una cazzo di introduzione a un libro duro, ostico, inutile, meravigliosamente lontano dalla mia realtà, dalla mia inettitudine ad affrontare il reale con una capacità superiore, con una conoscenza e una comprensione più elevata, un'overstanding, come diceva appunto Sri Aurobindo...
Ma non ci casco.
"Sto sognando vero?"
"Sì."
I cani e i bambini piccoli non possono entrare negli ospedali. Continuo a sognare. Norma ha una ridicola cuffietta da neonata stile impero e Cappuccetto Rosso la porta in una carrozzina fatta a forma di rullante. A Norma non pare vero, non si può dire lo stesso della Rossa. Si ferma, la fissa, la cana sorride, mostra i denti, emette un suono che somiglia mooooolto lontanamente a un vagito e aspetta. Cappuccio si accende una sigaretta, sbuffa un anello di fumo e si gratta una tetta. Mi guarda e sbotta, 
"Claudio mio, che sogni del cazzo che fai!"

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