mercoledì 31 dicembre 2008

Io, Monica.

Che giornata del cazzo. Prendo la metro e un cretino mi rompe le palle fino a Termini, una mandria di boy scout mugghianti che andavano a San Pietro da Papa Giuseppa riempie il treno di puzza d'ascelle assortite e occhiate libidinose, poi arrivo davanti al negozio e mi accorgo di non aver preso le chiavi. Un té dal principe dei puttanieri, accompagnato da tutti i luoghi comuni sulle turiste e tutte quelle che s'è scopato e finalmente arriva Glauco. Cotto come un'anguilla dopo l'ennesima notte insonne.
Poi in fornitura, dal fonditore, mia madre che svalvola come sempre perché non mi faccio sentire, Roberta e i suoi problemi col Raoul Gardini dei poveri, il pensiero fisso di Claudio e della nostra storia... per tutto il giorno ho sognato casa. E temuto il ritorno.
Riprendo la metro. Sono le sette e un quarto, normalmente a quest'ora lo avrei trovato al bar di Luciano, quello davanti la metro. Ho i brividi.
Me la sto facendo sotto. E' il primo giorno che lo lascio solo da quando è uscito dall'ospedale. Vorrei fidarmi ma so che l'alcool è tra i più infidi dei demoni. 
Esco dalla fermata di Furio Camillo e dò un'occhiata al cellulare. Nè una chiamata né un messaggio. Non è da lui, vero è che prima del macello gli avevo fatto capire che non può subissarmi di sms solo perché ha tempo e li può spedire gratis, io lavoro e non posso smettere ogni due-tre per leggere tutte le stupidaggini che gli vengono in mente, eccheccazzo. 
Quasi davanti casa vedo SoSoggy, la gattina grigia della nostra vicina Luz, che mi corre incontro miagolando e disegnando una serie di "otto sdraiati" girandomi in mezzo alle gambe. La gatta e l'infinito. Che tesoro, è proprio la gatta che tutti vorrebbero avere.
La prendo in braccio e mentre scendo i gradini del vialetto si irrigidisce, soffia verso il vuoto e schizza via dalle mie braccia. Il sole è tramontato ma la luce rimane, continuo a camminare ma non mi sembra ci sia motivo per un simile comportamento. Sono strani i gatti.
Mentre apro il cancello mi accorgo che sotto il gazebo c'è qualcuno. Chiudo e mi avvicino, rendendomi conto che quello di spalle, col capoccione sulle braccia incrociate sul tavolo, è Claudio. Maledetto. Sta così perché ha bevuto come una merda, ne sono sicura. E chi è quella vicino a lui? Dio dio dio, adesso lo ammazzo.
"Claudio...?"
"Monica! Non ti ho sentita entrare, ero in bagno... ma insomma, che mi dici?"
Alle mie spalle appare Eleonora. Le voglio bene ma non provasse a fare la simpatica in questa situazione o faccio fuori anche lei! Un'altra pazza, ma perché, perché?
"Ha bevuto?"
"..."
Non riesco a smettere di tremare. Guarda come sta, mannaggia il padreterno! E' ubriaco marcio, maledetto... e chi cazzo è 'sta troia?!?
"Chi è questa?"
"Claudia, una mia amica. Anche lei ha, come dire, un pò esagerato..."
"E' uscito da meno di dieci giorni, gesù cristo! Eleono', ma pure tu!!!"
"E io che c'entro? Come se gli potessi far cambiare idea quando decide una cosa!"
"Claudio? Claudio! Ma che, dorme come un sasso. Le', vieni qua e aiutami a portarlo dentro. Aspetta, aspetta, ma si è pure pisciato sotto...?"
No, no, no, non è vero. Non può essere, no. Respira, sono sicura, certo che respira. Mi avvicino ma anche se il suo viso è rilassato, lo capisco subito. E' morto. Claudio è morto.
"CLAUDIOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!"
Impazzisco. Prendo una sedia e la distruggo contro una delle gambe del gazebo, vorrei ammazzare con le mie mani questo stronzo maledetto che m'ha tradito, mi hai lasciato nel modo più infame, bastardo, ma prima voglio far fare a questa zoccola la tua stessa fine. Mi avvento su di lei ma le gambe mi cedono e le braccia non rispondono. Prima di svenire vedo accanto a loro un uomo vestito come l'ispettore Maigret, in bianco e nero contro il colore dei fiori del giardino.

2 commenti:

nemoravi ha detto...

... che meraviglia! e tu, come Grossman, che scrivi da uomo e da donna! Te vojo bbene :)

Anonimo ha detto...

Grossman è Grossman, Vi', io so' solo un gross man, un uomo grosso. E grasso. E poi è facile scrivere da Monica, è più maschio di me. E no, così facciamo il giro e diventa di nuovo difficile. Diciamo che per essere una donna, c'ha belle palle. E quelle ce l'ho anch'io, questo è inconfutabile.